Immigrazione: Carta di soggiorno, prova libera per la convivenza

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Ai fini del rilascio della “Carta di soggiorno per congiunti di cittadini UE”, in assenza di matrimonio, la prova della convivenza tra il genitore extra comunitario e quello intra Ue può essere fornita liberamente purché con «documentazione idonea». Non è dunque necessario ricorrere alle forme previste dalla legge 76/2016 sulle “convivenze di fatto”. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 3876 del 17 febbraio 2020, affermando un principio di diritto ed accogliendo, con rinvio, il ricorso dello straniero.

Il caso era quello di un cittadino dell’Ecuador che aveva iniziato una relazione, nella città di Genova, con una cittadina rumena, residente in Italia, da cui era nato un figlio, di nazionalità rumena, con cui il richiedente asseriva di aver vissuto sin dalla nascita, nel 2010. La Carta di soggiorno gli era però stata negata dalla questura, successivamente il Tribunale aveva accolto il ricorso dello straniero ma la Corte di appello gliela aveva nuovamente negata ritenendo non ufficialmente provata la stabile convivenza con la madre.

La Cassazione ricorda che, a seguito della legge Europea n. 97/2013 (nata da una procedura di infrazione contro l’Italia per il non corretto recepimento della Direttiva 2004/38/CE), il presupposto della stabile convivenza non deve più essere dimostrato con «documentazione proveniente dallo Stato membro del partner cittadino comunitario», come invece originariamente previsto, bensì da «documentazione ufficiale». L’espressione, tuttavia, osserva la Prima sezione civile, «non contiene alcuna definizione di “ufficialità”». Dunque, prosegue la sentenza, «la relazione more uxorio tra il richiedente la carta di soggiorno e la cittadina rumena» poteva essere vagliata diversamente. Per esempio, controllando la data dell’atto di nascita dei minore, non contestato dal Ministero, o comunque ricorrendo «ad altri documenti attestanti la convivenza tra i genitori del bambino».

In definitiva per la Corte: «ai fini del rilascio della carta di soggiorno ad un genitore, non appartenente all’unione Europea, di minore, cittadino dell’Unione, e convivente con cittadina dell’unione, pur costituendo un presupposto la convivenza tra il familiare non appartenente all’U.E. e la cittadina dell’Unione, residente in Italia (non trattandosi di coniugi), la relazione stabile di fatto tra il partner richiedente la carta ed il cittadino dell’Unione, “debitamente attestata” con “documentazione ufficiale” (ai sensi dell’art. 3, co. 2, lett. b) del Dlgs 30/2007, nel testo introdotto dalla legge europea n. 97/2013), può essere documentata non esclusivamente attraverso gli strumenti previsti dalla legge n. 76/2016, in materia di unioni civili, nella specie inoperanti, attesa l’epoca di presentazione dell’istanza, e quindi vagliando anche l’atto di nascita del minore o altra documentazione idonea».

Infine, la Cassazione ricorda che secondo la Corte Ue (n. C-27/2008) il titolo spetta anche all’irregolare. Per i giudici di Lussemburgo, infatti, la Direttiva 2004/38/CE «consente a qualsiasi cittadino di paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che accompagni o raggiunga il predetto cittadino dell’Unione in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, di ottenere un titolo d’ingresso o soggiorno nello Stato membro ospitante a prescindere dall’aver già soggiornato regolarmente in un altro Stato membro, non essendo compatibile con la Direttiva, una normativa interna che imponga la condizione del previo soggiorno regolare in uno Stato membro prima dell’arrivo nello Stato ospitante, al coniuge del cittadino dell’Unione, in considerazione del diritto al rispetto della vita familiare stabilito nell’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo».


Fonte:  Il Sole 24 Ore